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Agricoltura: da ENEA e CREA trattamento green per rafforzare le difese del kiwi ai patogeni

Un team di ricercatori ENEA e CREA ha dimostrato che le piante di kiwi trattate con raggi ultravioletti aumentano la resistenza naturale ai patogeni. Dai risultati della ricerca emerge, infatti, che oltre il 60% del campione irradiato mostra una sensibilità ridotta alla malattia principale del kiwi, il cosiddetto “cancro batterico”.

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Un team di ricercatori ENEA e CREA ha dimostrato che le piante di kiwi trattate con raggi ultravioletti aumentano la resistenza naturale ai patogeni. Dai risultati della ricerca emerge, infatti, che oltre il 60% del campione irradiato mostra una sensibilità ridotta alla malattia principale del kiwi, il cosiddetto “cancro batterico”.

“La dose di raggi UV ha indotto la produzione di particolari molecole[2], come carotenoidi e fenoli, che hanno rafforzato le naturali difese della pianta”, spiega Paolo Di Lazzaro del Laboratorio ENEA di Applicazioni dei plasmi ed esperimenti interdisciplinari, che ha portato avanti la ricerca insieme ai colleghi Daniele Murra e Sarah Bollanti, Antonia Lai del Laboratorio ENEA di Diagnostica e metrologia e a Loretta Bacchetta del Laboratorio ENEA di Bioprodotti e bioprocessi.

“Questo effetto è noto come ‘ormesi’ e potrebbe rappresentare un’alternativa promettente per contenere l’uso dei fitofarmaci in agricoltura, con notevoli vantaggi per l’ambiente e la salute di consumatori e operatori del settore”, sottolinea Simona Lucioli, ricercatrice del Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA-OFA), che ha condotto lo studio insieme ai colleghi Emilia Caboni e Marco Scortichini (Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Sede di Roma).

Per l’irraggiamento i ricercatori del Laboratorio Eccimeri del Centro Ricerche ENEA di Frascati (Roma) hanno sviluppato e realizzato un dispositivo portatile delle dimensioni di uno smartphone (9×3 cm²), composto da 20 LED, da un alimentatore a corrente costante, da un’elettronica che gli consente irraggiamenti di potenza e di durata variabile e da un sistema di raffreddamento indispensabile per garantire la stabilità dell’intensità irraggiata soprattutto nei trattamenti di lunga durata. “Rispetto alle tradizionali lampade a mercurio impiegate finora in questo tipo di trattamento, i LED del nostro dispositivo presentano migliori caratteristiche in termini di robustezza, leggerezza, rapidità nell’accensione/spegnimento e, soprattutto, di trasportabilità[3] per applicazioni in campo”, sottolinea Di Lazzaro.

In dettaglio, le foglie di kiwi infettate e non trattate con raggi UV-C, già dopo una settimana, hanno mostrato imbrunimenti e afflosciamenti fogliari, che viceversa sono risultati quasi assenti nei gruppi irraggiati con dose 1,3 kJ/m2 e infettati. A distanza di 10 giorni anche i gruppi irraggiati hanno iniziato a presentare sintomi di infezione ma, dopo tre settimane, l’infezione è rimasta circoscritta al 36% delle foglie irraggiate e inoculate mentre ha colpito oltre il 90% delle foglie infettate e non trattate con UV. Questi risultati sono in linea con quelli già ottenuti contro patogeni come la muffa grigia (Botrytis spp) e la muffa verde (Pennicillum) su basilico, mele e agrumi.

“Il confronto tra i campioni di kiwi ha messo in evidenzia un aumento della produzione di clorofille, carotenoidi, polifenoli e dell’attività antiossidante nelle foglie irraggiate. I risultati confermano l’importanza di uno studio specifico per individuare l’intervallo di dose UV-C ottimale”, rimarcano i ricercatori.

La FAO stima in oltre 270 mila ettari la superficie mondiale coltivata a kiwi, con l’Italia (25 mila ettari) seconda soltanto alla Cina (185 mila ettari); la prima regione italiana per produzione è il Lazio con circa 9.500 ettari dedicati (dati Istat 2022). Cambiamento climatico, moria del kiwi e cancro batterico sono tra i problemi principali che gli agricoltori si vedono costretti a fronteggiare. Il cancro batterico del kiwi, causato dal batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa), si è diffuso in tutto il mondo dal 2008, con effetti devastanti su qualità e quantità del raccolto; attualmente il controllo di questa patologia si basa su approcci agronomici e chimici, non privi di impatto ambientale.

ENEAinform@ del 9 maggio 2024

 

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