Le biotecnologie computazionali: un approccio innovativo per studiare le basi molecolari della Malattia di Parkinson
ENEA utilizza le biotecnologie computazionali per studiare il morbo di Parkinson
Le biotecnologie computazionali, insieme agli approcci di Intelligenza artificiale, si stanno affermando come un pilastro della medicina del futuro, offrendo nuove opportunità per affrontare patologie complesse come il Parkinson e migliorare la qualità della vita di chi ne è affetto. Uno studio recente condotto dal Laboratorio di Biotecnologie RED, in collaborazione con l'Istituto Mendel di Roma e l'Università Campus Biomedico di Roma, ha utilizzato simulazioni numeriche per esplorare un possibile meccanismo molecolare legato all'insorgenza della malattia.
In particolare, i ricercatori hanno utilizzato simulazioni al computer per studiare gli effetti della mutazione genetica E326K, in cui una glutammina viene sostituita da una lisina nel gene glucosilceramidasi 1 (GBA1). Il gene GBA1 codifica per la β-glucocerebrosidasi (GCase), un enzima cruciale per il metabolismo lipidico nei lisosomi, e questa mutazione è considerata un fattore di rischio per lo sviluppo del morbo di Parkinson. Grazie a tecnologie avanzate di modellazione e simulazioni molecolari, che funzionano come veri e propri “microscopi virtuali”, è stato possibile riprodurre i processi cellulari e analizzare come questa mutazione possa compromettere il corretto funzionamento della proteina prodotta. L'analisi ha rivelato che la mutazione compromette la stabilità della proteina, modificando le interazioni con le altre proteine, favorendo l'accumulo di aggregati proteici tipici del Parkinson.
Lo studio mette in evidenza il grande potenziale delle biotecnologie computazionali, che possono essere considerate veri e propri "gemelli digitali". Questi modelli virtuali sono in grado di replicare con precisione le dinamiche cellulari, aiutando a comprendere i processi biologici che portano a malattie come il Parkinson. Grazie a queste tecnologie, è possibile non solo migliorare la conoscenza delle patologie, ma anche aprire nuove prospettive per la diagnosi precoce e lo sviluppo di terapie personalizzate e mirate.
referenza
Pietrafesa et al. https://doi.org/10.3390/ijms252111443