Oltre l’80% dei rifiuti raccolti nel Mar Mediterraneo è rappresentato da plastiche che minacciano l’ecosistema e la salute dell’uomo e deturpano spiagge e fondali marini. Sono 700.000 le microfibre di plastica scaricate in mare da un solo lavaggio di lavatrice e 24 le tonnellate di microplastica provenienti dai prodotti cosmetici di uso quotidiano che ogni giorno riversiamo nei mari europei e che entrano nella catena alimentare. Ma una gestione sostenibile dei materiali plastici è possibile.
Sono solo alcuni dei temi al centro del worskhop “Marine litter: da emergenza ambientale a potenziale risorsa” organizzato da ENEA in collaborazione con Accademia dei Lincei e Forum Plinianum, per fare il punto sulle attività scientifiche per la caratterizzazione e riutilizzo delle plastiche, l’adeguamento della normativa, i programmi di gestione sostenibile e le iniziative intraprese a livello locale. Il convegno ha previsto anche una Sessione poster suddivisa in tre argomenti: Caratterizzazione delle plastiche, Impatto ambientale delle plastiche e Citizen Science/Comunicazione.
Il convegno, cui hanno aderito ricercatori ed esperti, rappresentanti del mondo accademico, istituzionale, imprenditoriale, giornalistico ed associazionistico, è stata l'occasione per parlare delle ripercussioni dell’inquinamento da plastiche sull’ambiente marino e sulla salute dell’uomo e per presentare le varie opportunità offerte dalla ricerca scientifica per trasformare il rifiuto in risorsa,
promuovendo una maggiore conoscenza e consapevolezza di cittadini e consumatori. Non solo.
Dalle fonti di inquinamento ai nuovi rischi tossicologici, dai risultati del monitoraggio delle plastiche nei laghi e nei mari, alle nuove prospettive per il riutilizzo del beach litter, fino a materiali innovativi, campagne di sensibilizzazione, proposte di legge e progetti europei sul tema.
Recenti studi ENEA lanciano l’allarme sulle fonti d’inquinamento da microplastiche che per le dimensioni inferiori a 5mm, non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue: da un solo lavaggio di tessuti sintetici della lavatrice, si scaricano in mare oltre 700.000 microfibre, rinvenute anche all’interno delle egagropile (residui fibrosi della Posidonia). Ma non è tutto. Si stima che siano almeno 100 milioni i cotton fioc distribuiti lungo i litorali italiani. I frammenti di plastica, prodotti dalla degradazione delle plastiche, rappresentano il 46% degli “oggetti” rinvenuti lungo le spiagge italiane. In alcune località sono stati rinvenuti fino a 18 oggetti di plastica per metro quadro.
Prodotti di degradazione delle plastiche sono stati rinvenuti anche nel fegato di spigole e microplastiche persino nel sale da cucina: uno studio condotto sul pescespada, ha evidenziato che nei contenuti stomacali di alcuni esemplari sono stati ritrovati rifiuti marini che riflettono le tipologie di plastiche maggiormente presenti in ambiente marino.
Per Loris Pietrelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e territoriali dell’ENEA, “la presenza delle plastiche in mare è in larga parte dovuta a una scorretta gestione dei rifiuti solidi urbani, alla mancata o insufficiente depurazione dei reflui urbani, a comportamenti individuali quotidiani, scorretti e a volte inconsapevoli. Il rischio di trasformare i nostri mari in discariche è molto elevato, secondo alcune ipotesi, entro il 2050 nel mare avremo più plastica che pesci”.
Le attività di ricerca condotte dall’ENEA per caratterizzare le plastiche raccolte lungo le spiagge e in mare hanno rivelato che la maggior parte di esse è costituita da polimeri termoplastici come polietilene e polipropilene, materiali riciclabili in nuovi oggetti commercializzabili, da rifiuto a risorsa economica.
Con questo obiettivo la caratterizzazione qualitativa e quantitativa dei materiali polimerici può rappresentare il punto di partenza per una gestione sostenibile dei materiali plastici: dal recupero, al trattamento fino al riciclo; un circuito virtuoso di riciclaggio, un mix di strategie all’insegna del “riutilizzo-riuso-riciclo”, in grado di valorizzare le potenzialità dei materiali a fine vita, oggi in massima parte sottovalutate.
“I materiali polimerici, comunemente detti plastiche, costituiscono la maggior parte degli oggetti che quotidianamente utilizziamo tuttavia l’inquinamento da plastiche non è dovuto esclusivamente all’estrema resistenza dei polimeri ma al modo in cui è gestito il suo ciclo di vita”, precisa Loris Pietrelli. “E’ una questione che coinvolge tutte le fasi dalla produzione dei materiali, allo sviluppo degli oggetti, fino al loro utilizzo e smaltimento, comprendendo usi e costumi della nostra società. Non è più accettabile che si utilizzino alcuni oggetti per il solo tempo necessario a bere una bevanda”, conclude Pietrelli.
Secondo l’UNEP (United Nations Environment Programme) l’impatto economico derivato dai rifiuti nei mari del Pianeta è di otto miliardi di Euro l’anno e la spesa europea per la pulizia annuale delle spiagge è stimata in circa 412 milioni di Euro. Il Mar Mediterraneo non è ancora agli stessi livelli del Pacific Trash Vortex, l’isola di plastica nell’Oceano Pacifico, ma la plastica rappresenta già un problema ambientale da quantificare, conoscere ed affrontare: un rapporto UE del 2015 stima, nel Mar Mediterraneo, oltre 100.000 pezzi di plastica/km2.